Combinazioni nostalgiche alla deriva nel cielo



 

 

 

Combinazioni nostalgiche alla deriva nel cielo 2015
 

7 stampe a pigmento su carta cotone Hahnemühle gr.310, 
22.5×30 ciascuna

Secondo la tradizione, la cupola poggia su una base quadrata o rettangolare: il quadrato corrisponde al terreno, al microcosmo dell’uomo; la parte semisferica è il macrocosmo, lo spirituale, l’universo. La cupola cerca un’unione tra la terra e il cielo, è un illusorio tentativo di abbassare e raggiungere il firmamento, di sostituirlo. Ne è un surrogato ma allo stesso tempo lo nega: prende il posto del cielo. Lo racchiude in una porzione, tenta di dare un ordine al caos dell’universo, ha una funzione protettiva e consolatoria. Ho voluto riportare il concetto di cupola alla sua dimensione domestica: ho pensato alle capanne di certe tribù del Kenya, alle tende tuareg, alle yurte turkmene con il buco aperto per il fumo, che rappresenta la finestra del cielo, e che collega terra e cosmo; ma ho tenuto conto anche dei progetti utopici degli anni Sessanta e Settanta: i living pod, le cupole geodetiche applicate alle abitazioni, Drop City. Ho immaginato queste cupole di diverso tipo e grandezza private di una base solida su cui poggiare: ho raccolto immagini, le ho stampate, le ho ritagliate; ne ho ricavato delle sagome che ho montato in un modellino tridimensionale, collocandole in uno spazio cosmico che ho dipinto come sfondo e alveo. Le ho disposte e poi fotografate in modi diversi, in varie combinazioni, come delle architetture fluttuanti, nostalgiche della forza gravitazionale che hanno perduto, a cui vorrebbero ancora abbarbicarsi. Sono cupole che galleggiano nell’universo, si ritrovano alla deriva, perse e accatastate in quel cielo che volevano sostituire e racchiudere. Ora, al contrario, ne sono avvolte.
 
Nostalgic combination drifting into the sky 2015

7 inkjet prints on Hahnemühle cotton paper gr.310, 
22.5×30 each one

Traditionally the dome places on a square or rectangular basement: the square shape corresponds to the soil, to the human microcosm; the half-spherical shape is the macrocosm, the spiritual side, the Universe. The dome is looking to an union between the soil and the sky, it is an apparent attempt to lower and to reach the firmament. The dome is trying to substitute the firmament, to take its own place. It contains it in a section and it is trying to give an order to the chaos of the Universe. The dome has a protective and comforting function. I wanted to bring back the meaning of the dome to an it own domestic dimension: I thought at the huts of some tribu in Kenya, at the tuareg tents, at the yurtes from middle Asia with an hole on the roof which is rapresenting a window on the sky. It is connecting earth and cosmos. I also consider the utopia projects from the 60’s and the 70’s: the living pods, the geodetic cupolas thinking as houses, I thought about drop city. I imagined different cupolas with different sizes and I removed them from a solid basement: I collected images, I printed and I cutted out all of them. I positioned them in a painted background, a cosmic place. I tooked several pictures of different combinations as a floating architectures. These architectures lost their gravitational force. They are domes floating and drifting into the Universe, lost and pile up in that sky which they would like to substitute and contain. Now, contrary to, they are wrapped from that same sky.